Pirelli HangarBicocca presenta la prima mostra personale di Daniel Steegmann Mangrané in Italia, in programma dal 12 settembre 2019 al 19 gennaio 2020
Oltre venti opere realizzate dal 1998 a oggi restituiscono ai visitatori un’indagine artistica orientata sui temi della complessità ecologica e della dialettica tra uomo e natura. Tramite la combinazione di elementi naturali e di dispositivi tecnologici, Daniel Steegmann Mangrané (Barcellona,1977; vive a Rio de Janeiro dal 2004), crea opere spaziando attraverso una grande varietà di media come il disegno, l’installazione, la fotografia, la scultura, il film, il video, gli ologrammi e la realtà virtuale.
Cerco sempre di raggiungere il momento in cui lo spettatore non sta osservando l’opera d’arte ma la sua stessa esperienza (Daniel Steegmann Mangrané)
Con la sua pratica indaga le relazioni tra gli individui e la società ed esplora il senso di collettività, dando vita ad ambiziosi progetti espositivi. L’artista pone la dimensione sensoriale del visitatore al centro delle sue mostre, proponendo un’intensa esperienza fisica e analizzando l’atto stesso di esporre. Al contempo, affascinato dalla biodiversità della foresta pluviale brasiliana, Steegmann Mangrané apre a una serie di riflessioni sulla fragilità e sulla possibile scomparsa di questo ecosistema, coinvolgendo direttamente lo spettatore in un confronto intimo con la rappresentazione della natura e delle sue componenti vegetali e animali.
Nell’opera di Steegmann Mangrané elementi organici e caotici convivono con forme lineari e nette, come accade in uno dei suoi lavori più iconici, Phasmides (2012). In questo film l’artista esplora l’interconnessione tra il mondo biologico e quello artificiale attraverso l’osservazione di un fasmide, nome entomologico dell’insetto stecco, inserito in un’ambientazione in cui i confini tra realtà e finzione sembrano sfaldarsi.
Questo animale è un motivo ricorrente nell’opera dell’artista, presente nel disegno a muro Morfogénesis-cripsis (2013), negli ologrammi come Holograma (estructura con bicho) (2013) o in A transparent Leaf Instead Of The Mouth (2016–2017). Quest’ultimo lavoro è concepito come un terrario dove piante e arbusti locali convivono con diverse specie di insetti stecco e insetti foglia esotici. In quest’opera si manifesta la capacità mimetica di questi esseri viventi che si confondono con la vegetazione: gli insetti sembrano scomparire, ma, al tempo stesso, infondono vita allo spazio circostante, muovendosi lentamente sul terreno e sulle piante.
L’artista, da sempre attratto dalla biologia, dà così vita a un immaginario dal forte impatto visivo fatto di rami, foglie e animali, ma anche di motivi con intrecci di reti, trame e sistemi interconnessi. Il passaggio da esperienze materiali a situazioni immateriali viene ulteriormente sviluppato nella mostra, per la quale Steegmann Mangrané ha concepito un’installazione site-specific realizzata con partizioni in tessuto bianco trasparente che ridefiniscono il carattere industriale di Pirelli HangarBicocca, accogliendo e rivelando le opere esposte. Come membrane fluttuanti, questi elementi dividono lo spazio in aree diverse consentendo al tempo stesso, con la loro trasparenza, una visione d’insieme immediata dell’intera mostra. È attraverso queste superfici, che reagiscono ai cambiamenti di luce naturale, che lo spazio viene percepito in maniera più evanescente.
Fortemente influenzato dall’avanguardia brasiliana degli anni Sessanta e Settanta, Steegmann Mangrané ne condivide le riflessioni sul ruolo dell’astrazione e della partecipazione soggettiva nella definizione dell’oggetto, che diventa un sistema aperto a influenze esterne, piuttosto che un’entità chiusa in se stessa. Questo aspetto è enfatizzato dall’artista attraverso la manipolazione della visione come avviene in diverse opere tra cui Orange Oranges (2001), una struttura modulare dove la percezione viene alterata da pareti realizzate con filtri colorati. I visitatori sono invitati a entrare e a spremere un’arancia: mentre osservano lo spazio circostante diventano, per gli spettatori esterni, parte dell’opera stessa. Questi effetti di trasformazione sono più evidenti nel render stereoscopico di Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name) (2015), una replica in bianco e nero della foresta pluviale.