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L’intervista: Monsieur Grivory racconta i suoi profumi

Più di trent’anni fa l’incontro con Salvador Dalì che gli ha cambiato la vita

Un’intuizione geniale avuta più di trent’anni fa: creare un profumo in collaborazione con Salvador Dalí e ottenere l’esclusiva del suo nome. Un’idea semplice, eppure efficace: è questo il punto di svolta nella vita di Jean-Pierre Grivory, fondatore e CEO del brand di profumeria francese Cofinluxe, produttore dei profumi Salvador Dalì.

Salvador Dalí una volta ha detto che tra i cinque sensi l’olfatto è quello che più si avvicina all’idea dell’immortalità

-Jean Pierre Grivory

 

Perché ha pensato proprio a Salvador Dalí? Come è riuscito a contattarlo?

Salvador Dalí all’epoca era l’artista più “totale” in circolazione: si occupava di pubblicità, cinema, balletto, gioielleria, moda; è stato quindi semplice per me pensare di inserire anche l’aspetto della profumeria all’interno del suo universo artistico. Lui poi era il mio artista preferito da quando – a dieci anni – mia nonna mi aveva regalato un libro dedicato a lui dal quale ero rimasto molto impressionato. Infine, cosa da non sottovalutare, era vivo. 

Il modo in cui l’ho contattato insegna che nella vita bisogna osare e, soprattutto, rendere le cose il più semplici possibile. Sapevo che all’epoca, quando si recava a Parigi, Dalí soggiornava al Meurice hotel (in una suite che ancora oggi porta il suo nome n.d.r) e quindi ho chiamato l’hotel chiedendo di poter parlare con lui. Il concierge mi rispose che l’artista aveva appena lasciato l’hotel ma, contro ogni aspettativa, mi diede un indirizzo al quale potevo trovarlo: Castle of Pubol, nella provincia di Girona in Spagna. 

Gli ho scritto quindi un telegramma – allora non esistevano fax o e-mail – in cui gli esponevo la mia idea di creare un profumo in collaborazione con lui. Con mia grande sorpresa, quindici giorni dopo ho ricevuto una risposta che diceva: “Sì, sono interessato”. A differenza di altre due grandi compagnie che avevano avanzato una proposta simile alla mia, io non chiedevo soltanto il nome di Dalí, ma una vera e propria collaborazione a 360 gradi con l’artista, che avrebbe in questo modo potuto esprimersi anche nel campo della profumeria. Io volevo il suo nome e la sua arte. 

Nella vita la tempistica è fondamentale: probabilmente prima sarebbe stato troppo presto per me, e dopo sarebbe stato troppo tardi per lui. Importantissimo infatti è stato l’appoggio dell’adorata moglie Gala, che è venuta a mancare nel giugno del 1982, dopo però aver già approvato il nostro accordo. Se si vuole avere successo, bisogna saper sfruttare il tempo a proprio vantaggio. La fortuna arriva se si ha il coraggio di cercarla e di provare ad ottenerla.

Non a caso il primo profumo creato per voi da Dalí era ispirato proprio a sua moglie Gala…

Quando per la prima volta ho parlato di creare un profumo con Salvador Dalí lui mi ha nominato due fiori: la rosa e il gelsomino; il primo era il preferito di sua moglie e il secondo era il suo. Una prova di grande umiltà da parte sua scegliere due fragranze così semplici, senza cercare complicati virtuosismi. Bisogna dire poi che una fragranza è un qualcosa di emozionale, o ti piace o non ti piace. La paragonerei ad un dipinto: un artista non può spiegare perché abbia messo lì il rosso e là il blu, l’ha fatto e basta. Non si guarda ogni singolo dettaglio ma il risultato nel suo insieme. È una questione di sensibilità e non si possono razionalizzare le sensazioni. 

 

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Parlando di lei, ha una fragranza preferita o una che le ricorda un momento particolare della sua vita? 

Salvador Dalí una volta ha detto che tra i cinque sensi l’olfatto è quello che più si avvicina all’idea dell’immortalità. Un profumo è in grado di ricordarti una persona o un posto speciale, anche se oggi – con il lancio di una nuova fragranza quasi ogni mese – questo diventa ovviamente molto più difficile. Con i miei profumi è un po’ come con i figli: con alcuni hai più affinità ma non puoi realmente scegliere il tuo preferito. Ora ad esempio indosso il Bukhara, una delle sei fragranze della Fabulous Collection, ma cambio spesso. 

Quanto pensa sia importante l’aspetto esteriore del prodotto nella scelta di un profumo? 

Io penso che un profumo sia la combinazione di tre sensi: la vista, il tatto e l’olfatto. Per prima cosa si è attratti più da alcune forme piuttosto che da altre, quindi la vista è fondamentale; poi, quando si prende in mano la boccetta, si dovrebbe provare una sensazione piacevole e infine è il profumo che deve convincerti con la sua fragranza. È un po’ come con le persone: magari quella che più sembra interessante all’apparenza, è la più noiosa e viceversa. C’è un’interazione tra i diversi sensi che è completamente irrazionale, ed è proprio questo che crea la magia dei profumi. È impossibile descrivere le emozioni.

Per questo credo che nel caso di Dalí non avremmo potuto semplicemente creare una banale bottiglia con il nome del brand scritto sopra, anche se molti avrebbero fatto così, soprattutto per una questione di costi. Sono convinto che un brand sia un vero brand proprio perché lo si può riconoscere al di là dell’etichetta e del nome che c’è sopra. Io volevo che anche l’aspetto dei profumi fosse “daliniano”, proprio perché ognuno di essi è ispirato alle opere e alla vita dell’artista. Poi se la tua idea è vincente lo scoprirai soltanto in un secondo momento, in base alla risposta del pubblico; io però credo che si debba almeno tentare di avere una propria coerenza e personalità. 

Beatrice Anfossi

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