Elena Granata ha spiegato a Lampoon chi sono i placemaker e i benefici che possono portare
I placemaker sono figure ibride che si occupano della rigenerazione degli spazi abbandonati, reinvenzione e la restituzione alla comunità di un luogo, dagli spazi agricoli fino alle periferie. Elena Granata, professoressa di Urbanistica al Politecnico di Milano e autrice del libro Placemaker, gli inventori dei luoghi che abiteremo (Einaudi), ha spifferato a Lampoon Magazine di non aver inventato i placemaker, ma di averli incontrati. Questi soggetti ridarebbero vita agli spazi abbandonati, rendendoli funzionali e sostenibili e riescono a trasformare la crisi globale e climatica in un’occasione per ripensare la città. “Il concetto di rigenerazione urbana di solito fa riferimento a manufatti di tipo industriale rimasti abbandonati nei centri urbani e di cui si ripristinano alcune funzioni», ha spiegato Granata a Lampoon. Poi ha continuato: “In questo caso è diverso: nella rigenerazione dei placemaker ci sono la reinvenzione e la restituzione alla comunità di un luogo. Può essere uno spazio agricolo, un borgo, una periferia abbandonata, un contesto nell’entroterra: un luogo che ha perso la sua funzione vitale rispetto agli esseri umani. È una rigenerazione che include una dimensione economica, di senso e anche di manutenzione del territorio”.
Placemaker chi sono: l’epoca dell’iper-cementificazione deve finire
Il placemaker non è necessariamente un architetto, anzi: è una figura con competenze, esperienze e interessi variabili e questo è sia un punto di forza sia un punto di debolezza. Il placemaker è in qualche modo l’ispiratore e il regista che poi chiama a raccolta le competenze utili per il suo progetto: può essere un antropologo che riscopre un interesse per il territorio, un sociologo, un cooperante che ha fatto impresa sociale e si reinventa, un prete che mette mano alla sua chiesa. “Il lato debole è che oggi in Italia servirebbero vere e proprie scuole di placemaking” ha spiegato Elena Granata. Manutenzione del territorio significa prendersi cura di quello che già esiste senza aggiungere altro materiale né sottrarre ulteriore suolo. Nel 2021 in Italia il consumo di suolo ha raggiunto il valore più alto degli ultimi dieci anni, con circa 70 chilometri quadrati occupati da nuove coperture artificiali in un solo anno, mentre gli edifici già costruiti ma non più utilizzati sono oltre 740 mila. “In passato abbiamo costruito troppo e male. Questo si ritorce contro la vita delle persone, come dimostrano le immagini del terremoto in Turchia e dei tanti terremoti italiani. In Italia abbiamo tantissimi manufatti abbandonati che potremmo reinventare e recuperare”, ha detto Granata. C’è un vantaggio a investire sul recupero e sulla rigenerazione, ma ovviamente ci vorrebbero delle condizioni fiscali ed economiche che rendano più vantaggioso il recupero.
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Restituire spazi alla comunità: il caso di Fondazione Prada e piazza Liberty
Il fine ultimo della rigenerazione operata dai placemaker è la restituzione dei luoghi alla comunità. Nel suo libro Elena Granata ha proposto diversi esempi, tra cui un confronto tra Fondazione Prada e l’Apple Store in piazza Liberty a Milano. “Prada ha fatto un’operazione molto vantaggiosa dal punto di vista economico: ha acquistato un famoso terreno nella periferia della città in cui si entra pagando. C’è la presenza fissa di una struttura bellissima, ma non c’è integrazione tra l’intervento di rigenerazione e il contesto vitale intorno“, ha spiegato Granata a Lampoon. Poi ha parlato di piazza Liberty: “Apple ha costruito uno spazio pubblico, la scalinata che conduce al negozio ipogeo, e consente a tutti di sedersi sui gradoni in qualsiasi momento, anche quando il negozio è chiuso. Il posto è bello, ma soprattutto è restituito alle persone: ai giovani, ai turisti, ai passanti”. Nella trasformazione delle città oggi non abbiamo i buoni contro i cattivi, gli attivisti contro i grandi brand. Ciascun caso è diverso e questa volta, nel gioco di produzione di beni pubblici, Apple ha fatto la parte del pubblico: ha sottratto una piazza che era da molto tempo nell’incuria e l’ha restituita alla fruibilità pubblica civile. “È una cosa molto bella: se lo facessero tutti, ci sarebbe un concorso in produzione di beni pubblici da parte di soggetti privati” ha detto Elena.
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