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Le stanze di “A Room Of My Own”: tre giovani artiste ripensano il mondo

L’idea di Sabino Maria Frassà, direttore artistico di Cramum

Cramum e Ventura Projects presentano durante la Design Week 2019 da Ventura Centrale la mostra “A room of my own” (Una stanza tutta per me) a cura di Sabino Maria Frassà dedicata alle opere di Flora Deborah, Giulia Manfredi e Francesca Piovesan. In occasione della Design Week 2019 per il secondo anno consecutivo il progetto non profit CRAMUM stringe una partnership con Ventura Projects. Dopo il successo dell’installazione “Salvami” nel 2018 di Franco Mazzucchelli, per il suo decimo anniversario Ventura Projects ha accolto a braccia aperte la proposta del direttore artistico di CRAMUM, Sabino Maria Frassà, di presentare la mostra “A room of my own” (Una stanza tutta per me).

Si tratta di un progetto artistico site-specific ospitato da Ventura Centrale dal 9 al 14 aprile dedicato alla potenza del femminile e ispirato dal noto saggio di Virginia Woolf “A Room of One’s Own”. Il curatore Frassà ha richiesto a tre giovani artiste finaliste e/o vincitrici del premio Cramum – Francesca Piovesan, Giulia Manfredie Flora Deborah – di ideare un progetto che racchiudesse la propria visione del mondo in una “stanza”. Il risultato è un percorso espositivo in tre “stanze” che all’interno di Ventura Centrale indagherà il passare del tempo e la comprensione di chi siamo veramente. 

I progetti artistici proposti sono accomunati da un’elevata sperimentazione a livello materico e di tecnica artistica: dalle fotografie termosensibili di Francesca Piovesan alle resine di Giulia Manfredi all’installazione di batteri di Flora Deborah. Con questa mostra Ventura e Cramum, come 90 anni fa Virginia Woolf, ribadiscono la necessità di superare completamente il gender-gap e di dare alle donne la piena possibilità di esprimersi e di dimostrare attraverso le proprie capacità di poter reinterpretare la realtà, migliorando il Mondo.

Le “Stanze” di A ROOM OF MY OWN (Una stanza tutta per me) Uneasy, la Stanza di Francesca Piovesan. Ognuno di noi custodisce in sé e nasconde caratteristiche e immagini “non facili”, scomode e che possono fare male. Spesso nascondiamo anche a noi stessi questi pensieri, finendo per seppellirli nel nostro profondo. Gli scatti fotografici che compongono il progetto sono a prima vista dei monocromi neri: il nero che vediamo è in realtà una velatura che si dissolve quando l’opera viene toccata da dalle mani calde dello spettatore. E’ il nostro calore – interiore – a permetterci di riscoprire, vedere e affrontare le (nostre) paure. Gli scatti di Uneasy nascondono e rivelano così ferite e segni lasciati dal tempo sul corpo di donne scelte dall’artista per le proprie storie o per il passato con lei condiviso.

Still, la Stanza di Giulia Manfredi. Ogni essere umano deve affrontare la paura che concerne il passare del tempo, al propria finitezza e mortalità. La dicotomia vita-morte è un ossessione che finisce spesso per intaccare e plasmare come noi ci vediamo e la nostra stessa identità. La resina adottata dall’artista sembra riuscire a cristallizzare l’esistenza della pianta morta. Da lontano abbiamo addirittura l’illusione che la pianta sia ancora viva e che possa continuare a vivere per sempre. Ma tutto, come nella vita, è un’illusione: avvicinandoci, guardando meglio, scopriamo che la luce dell’opera illumina qualcosa che non è più vivo

Im Too Old to Float, la Stanza di Flora Deborah. Per l’artista è fondamentale l’eterogeneità e l’ambivalenza della relazione tra madri e figli. “I’M TOO OLD TO FLOAT” (letteralmente “Io sono troppo vecchio per stare a galla”) è una installazione costruita intorno a culture simbiotiche di batteri, raccolti e fatti crescere in in una serie di vasi di vetro soffiato. I batteri crescono in una mistura di tè verde ed acqua di zucchero (che li nutre) fino a colonizzare tutto il contenitore. La “madre” che si forma cresce e sta a galla in cima al liquido finché è troppo pesante e affonda, lasciando spazio ai “nuovi batteri” più giovani, che salgono a galla.