“Balkrishna Doshi: Architecture for the People”
Con la mostra «Balkrishna Doshi: Architecture for the People», dal 30 marzo all’8 settembre 2019, il Vitra Design Museum presenta la prima retrospettiva sull’opera di Balkrishna Doshi (1927 a Pune, India) organizzata al di fuori dell’Asia. Il famoso architetto e urbanista è uno dei pochi pionieri dell’architettura moderna nel subcontinente ed è stato il primo indiano a ricevere nel 2018 il rinomato Premio Pritzker. In oltre sessant’anni di attività, Doshi ha realizzato una grande varietà di progetti molto diversi fra loro. Non si è limitato a far suoi i principi dell’architettura moderna, ma li ha fusi armoniosamente con le tradizioni locali e con le contingenze culturali, materiali e ambientali dei diversi luoghi. La mostra presenta numerosi progetti realizzati dal 1958 al 2014 e abbraccia l’intera opera dell’architetto, dalla progettazione di intere città, di complessi residenziali, di università e istituzioni culturali agli edifici governativi e amministrativi fino ad arrivare alle case private e loro interni. L’opera di Doshi comprende progetti pionieristici come l’Indian Institute of Management, lo studio di architettura Sangath (1980) e il famoso complesso residenziale Aranya per persone con un reddito basso (1989).
Balkrishna Doshi, il famoso architetto e urbanista è uno dei pochi pionieri dell’architettura moderna nel subcontinente ed è stato il primo indiano a ricevere nel 2018 il rinomato Premio Pritzker.
La mostra «Balkrishna Doshi: Architecture for the People» presenta l’opera di Doshi ad un pubblico globale esaminandone le idee e gli ideali di base. Illustra quale influenza decisiva abbia avuto Doshi sull’architettura indiana moderna e su intere generazioni di giovani architetti. L’atteggiamento umanista di Doshi è stato segnato dalle sue radici indiane, dalla sua formazione occidentale e dai rapidi cambiamenti avvenuti nella società indiana a partire dai primi anni Cinquanta. Il suo linguaggio architettonico, un linguaggio poetico e allo stesso tempo funzionale, è stato fortemente influenzato dalla collaborazione con Le Corbusier a Parigi, Chandigarh e Ahmedabad. Sono state inoltre determinanti le esperienze accumulate dal giovane architetto durante la costruzione dell’Institute of Management progettato da Louis Kahn. Tuttavia, il linguaggio formale di Doshi è andato ben oltre questi primi modelli sviluppando un approccio del tutto personale che include industrialismo e primitivismo, architettura moderna e forme tradizionali. I suoi progetti si basano su un approccio sostenibile e collocano l’architettura in un ampio contesto formato da cultura, ambiente, società, etica e religione.
La retrospettiva è suddivisa in quattro sezioni tematiche ed inizia presentando il complesso universitario di Doshi. Il campus del «Centre for Environmental Planning and Technology» di Ahmedabad è considerato uno dei progetti chiave dell’architetto. Qui Doshi ha costruito, nell’arco di quarant’anni, alcuni dei suoi edifici più rappresentativi. Già nel 1968 aveva fondato la «School of Architecture» che trae grandi vantaggi dallo scambio interdisciplinare, un approccio questo perpetuato dall’architetto stesso. La seconda sezione espositiva si concentra su temi quali il luogo d’origine e l’identità ed esamina l’architettura anche come motore del cambiamento sociale. Ispirato dagli insegnamenti di Mahatma Gandhi, Doshi ha sviluppato nuovi approcci in materia di edilizia sociale e sperimentale, approcci che si basano sulla partecipazione dei futuri residenti e che includono la possibilità di adattare gli spazi abitativi ad esigenze e richieste mutevoli. Ne sono esempi straordinari il complesso residenziale per la «Life Insurance Corporation of India» o il complesso residenziale «Aranya» realizzato su incarico della Indore Development Authority. Aranya, realizzato come progetto modello, conta oggi oltre 80.000 abitanti. Partendo da un appezzamento dotato di fondamenta, blocco sanitario e una stanza, i residenti possono ampliare e trasformare lo spazio abitativo a seconda delle esigenze, preferenze e possibilità economiche personali grazie ad un sistema modulare.
La terza sezione espositiva ruota attorno ai numerosi progetti istituzionali a cui Doshi ha collaborato negli ultimi sessant’anni. Un importante esempio è rappresentato dall’«Indian Institute of Management» di Bangalore. L’ampio campus è stato costruito in vent’anni durante i quali il progetto originale è stato più volte integrato e modificato. I cortili interni sono concepiti come giardini, i corridoi ricchi di verde presentano pergolati e aperture attraverso cui filtra la luce naturale; in tal modo, l’impressione dello spazio cambia in continuazione a seconda dei diversi momenti della giornata. Cortili e corridoi servono alla comunicazione spontanea e, allo stesso tempo, costituiscono un’estensione delle aule. Con il suo affascinante concetto architettonico, l’«Indian Institute of Management» è diventato un importante centro per la creazione di nuove idee, un centro che nel corso dei decenni ha contribuito in modo notevole allo sviluppo economico dell’India. Un’ulteriore pietra miliare nell’architettura istituzionale di Balkrishna Doshi è lo studio di architettura «Sangath» ad Ahmedabad dell’architetto stesso. I ricordi della casa dell’infanzia e dello studio di Le Corbusier a Parigi armonizzano nel vocabolario spaziale di questo edificio. In lingua gujarati «Sangath» significa «muoversi insieme» e non a caso qui lavorano fianco a fianco tre generazioni della famiglia Doshi. Come per tutti i suoi edifici, anche qui sono confluiti nel progetto l’ambiente circostante, le condizioni climatiche e la funzione spettante all’edificio.
L’ultima sezione della mostra è dedicata ai grandi progetti urbanistici di Doshi. Fra questi è particolarmente rappresentativo Vidhyadhar Nagar nello stato del Rajasthan nell’India settentrionale per il quale l’architetto indiano ha sviluppato il piano regolatore e le direttive urbanistiche. Il complesso residenziale di 15.000 appartamenti è stato concepito come città ad alta efficienza energetica e costruito su un terreno di 350 ettari alla periferia di Jaipur prendendo spunto proprio dal suo centro storico con la cinta di mura. Il progetto unisce principi urbanistici tradizionali ad esigenze attuali e contingenze esterne per fornire così le infrastrutture necessarie ai 400.000 abitanti. Le strutture pubbliche come le scuole, i centri sanitari e i parchi giochi sono disposti lungo un asse centrale caratterizzato da spazi aperti. L’impiego di elementi architettonici in sporgenza e balconi in pietra naturale non solo contribuisce a migliorare il microclima, ma si richiama anche alla locale architettura vernacolare.