Lo chef Giorgio Rosato propone un piatto con protagonista un ingrediente di origine antichissima: il fico.
Quando ci aggiriamo tra gli scaffali di un supermercato della grande distribuzione, o tra le bancarelle di un mercato rionale, alla ricerca di frutta e verdura raramente pensiamo che la maggior parte dei prodotti esposti è arrivata in Europa tra il XV e il XVI sec, dopo la scoperta dell’America. L’esplorazione delle terre del Nuovo Mondo, oltre al saccheggio di oro e preziosi, e all’annientamento delle maggiori civiltà precolombiane, ha portato i Conquistadores spagnoli a perlustrare anche le aree rurali del Centro e Sudamerica, e a scoprire quindi nuovi prodotti, sia animali che vegetali, utilizzati dalle popolazioni locali. In breve tempo, grazie ai ripetuti viaggi tra il Vecchio e il Nuovo Mondo, iniziò anche un modo alternativo di alimentarsi proprio grazie all’arrivo di prodotti fino ad allora totalmente sconosciuti in Europa. Il maggior protagonista rimane il pomodoro, considerato l’emblema dei prodotti del Nuovo Mondo. La sua diffusione a livello europeo ha inizio tuttavia nel XVII secolo e, paradossalmente, è diventato nei secoli successivi il simbolo della dieta mediterranea. Oltre naturalmente a numerosi altri vegetali come mais, fagiolo rosso, peperoni, zucca, vaniglia, patata, cacao, arachidi, e un’ampia varietà di frutti tropicali mai visti prima di allora come l’ananas, il mango, il fico d’India, la papaya e l’avocado. Ma esistono anche prodotti che hanno compiuto il percorso inverso, approdando in Centro e Sudamerica proprio grazie alla colonizzazione spagnola., come il fico ad esempio. Originario da alcune aree dell’Asia Minore, come ampiamente documentato negli antichi papiri egiziani, il fico ha origini antichissime risalenti all’epoca dei Fenici e sembra addirittura che sia la prima pianta mai coltivata dall’uomo. Grazie all’estrema facilità della sua coltivazione infatti sono state rinvenute tracce di alberi di fico di 11.000 anni fa nella zona della cosiddetta Mezzaluna fertile, la storica area che si estendeva dall’Egitto all’Iran comprendente inoltre Israele, Palestina, Giordania, Libano, Siria, Turchia, Iraq, Kuwait e Arabia Saudita.
Generalmente la maturazione ottimale dei fichi viene raggiunta tra fine agosto e settembre, ma il clima afoso di questa estate ha anticipato un po’ i tempi per cui già da qualche settimana si trovano frutti maturi e gustosi da consumare subito. Soprattutto per preparare quel piatto fresco e appetitoso come “prosciutto e fichi”, che rappresenta uno degli antipasti più gettonati delle tavole estive. Un piatto che però si presta, con un pizzico di inventiva dello chef, anche ad una elaborata versione gourmet. Modificando alcuni ingredienti e applicando delle tecniche di cottura a degli ingredienti consumati solitamente freddi. Il punto essenziale di partenza della nostra ricetta è la sostituzione del classico prosciutto crudo con il Culatello di Zibello DOP, il pregiato salume a denominazione di origine protetta della provincia di Parma. Prodotto con le carni della coscia del suino adulto, il culatello è insaccato nella stessa vescica del maiale ed è caratterizzato dalla classica forma “a pera” e richiede una stagionatura di almeno dieci mesi prima di arrivare a tavola. La ricetta consiste in pratica in un fagottino di pasta brisée, cotto al forno, farcito con la polpa di fico avvolta in una fetta di culatello e in una fetta formata da un altro prodotto di eccellenza: il Gruyère DOP, uno dei più noti formaggi svizzeri apprezzato dai buongustai di ogni latitudine per il suo gusto unico e l’aroma raffinato. Per il dressage abbiamo scelto una lamina vegetale alla carota, dove avvolgere il fagottino una volta tirato fuori dal forno, un tris di creme a base di peperone rosso, tapenade ovvero una salsa provenzale formata da pasta di olive, capperi e acciughe, wasabi, e un cucchiaio di salsa teriyaki.