Dal mondo dell’automotive a quello dei fornelli, senza mai perdere l’entusiasmo
Sono trascorsi circa tre anni da quando Giorgio Rosato, smessi i panni del giornalista automotive, ha indossato la divisa da chef per trasferirsi armi e bagagli in cucina. Con altrettanta professionalità, abbinata a una inesauribile voglia di imparare e sperimentare, ha percorso tutte le tappe necessarie per acquisire competenza e credibilità nella sua nuova professione. Dal 10 maggio scorso ha assunto l’incarico di Executive Chef Consultant presso il “Vittorio Veneto”, uno dei più noti e apprezzati ristoranti del comprensorio delle Langhe e Roero.
Dai motori ai fornelli, da cuoco a chef professionista, ed ora Executive Chef Consultant di un prestigioso ristorante…
Il mondo di motori mi ha regalato tante soddisfazioni nella mia precedente esperienza professionale, ma mi anche ha insegnato molto. E auspico che la mia nuova attività nel mondo del food sia altrettanto prodiga di risultati.
Da quando ho iniziato tre anni fa, nella scuola dei cuochi a Torino, mi sono mosso con umiltà e con il massimo impegno. Sempre all’insegna di un grande senso di responsabilità, ulteriormente esaltato quando sono stato ammesso all’Accademia Italiana Chef Institute di Milano dove sono riuscito ad acquisire la qualifica di Chef professionista con la massima votazione, conquistando anche il premio accademico.
Sono perfettamente consapevole dell’importanza dell’incarico che mi è stato assegnato, e degli oneri che un simile ruolo comporta, ma sono certo di poterlo svolgerlo con il massimo impegno e senza alcun risparmio di energie.
Come sei arrivato ad acquisire questo ruolo in un momento così difficile per la ristorazione, dopo la lunga pausa dettata dal Covid19?
Con la formula più semplice del mondo: lavoro, lavoro e ancora lavoro. Svolto senza alcuna interruzione anche durante la quarantena, nonostante il ristorante fosse chiuso al pubblico.
Da circa un anno collaboravo regolarmente con il Vittorio Veneto, facendo la spola tra Torino e Cherasco, vivendo a contatto con la brigata di cucina e il personale di sala ho sviluppato una serie di idee che a mio avviso avrebbero potuto dare un contributo significativo alla gestione e all’immagine del locale. Dopo l’approvazione del mio “business plan” da parte del General Manager, poco prima della riapertura delle aziende legate alla ristorazione, mi è stato assegnato l’incarico di Executive Chef Consultant.
Che tipo di menu pensi di proporre nella carta del ristorante?
Attualmente il menu è ancora quello tradizionale, seppur leggermente modificato e riadattato per la riapertura dopo la lunga pausa legata alla crisi della primavera scorsa. Ma stiamo già lavorando per renderlo più snello e dinamico, apportando qualche piccola modifica o introducendo delle tematiche nuove, o inedite per il nostro locale, ma sempre rimanendo rigorosamente nel solco della tradizione piemontese e, soprattutto, del territorio langarolo.
Qual è secondo te il giusto equilibrio tra cucina del territorio e cucina creativa?
La cucina del territorio ha sempre rappresentato uno dei cardini fondamentali del Vittorio Veneto e, per la qualità delle materie prime e l’ampia gamma di proposte presenti alla carta, non vedo alcun motivo di apportare radicali cambiamenti. Ma la cucina è anche innovazione e trasformazione, per cui la creatività può intervenire, senza arrecare grossi stravolgimenti, anche nelle ricette tradizionali. Si creerà così un perfetto equilibrio di gusti e sapori in grado di regalare un’esperienza multisensoriale completa.
Persino in quei piatti ormai considerati dei classici come gli agnolotti del plin e la bagna cauda. In quest’ottica ho introdotto nel menu una sintesi di entrambe le ricette, battezzata “Agnolotti plincauda” nella quale i tradizionali agnolotti del plin sono conditi con la salsa della bagna cauda preparata in tre versioni diverse, oltre ad essere impreziositi da chips di topinambur e alcune gocce di una riduzione ottenuta dal prezioso Barolo chinato.
Hai in mente qualche novità nel tuo ruolo di Executive Chef Consultant?
Il nostro ristorante, come la maggior parte dei locali di alta gamma, ha creato da alcuni anni un Bistrot satellite, “La Limonaia”. È situato nell’area esterna dove si trova un ampio e incantevole giardino, dedicato ad un pubblico più giovane e propenso all’easy dining.
Tra le novità che sto elaborando insieme allo chef Marcello Sandrone, da circa cinque anni in forza al Vittorio Veneto, c’è proprio una implementazione delle attività del Bistrot, soprattutto per quando riguarda il calendario delle serate a tema, che saranno dedicate alla cucina regionale italiana o alla cucina etnica.
Un’altra idea che sta prendendo forma è quella legata alla realizzazione di corsi di cucina, rivolti sia ai gastronauti alle prime esperienze ai fornelli, sia ai buongustai che abbiano già acquisito una certa dimestichezza in cucina e vogliano spingersi oltre (o ampliare) le proprie conoscenze culinarie.
Ti ha aiutato essere giornalista in questo tuo nuovo ruolo?
Indubbiamente la mia professione di giornalista, svolta per quasi quarant’anni, ha avuto un ruolo molto importante anche in cucina. Soprattutto quando ho iniziato a muovere i primi passi come foodwriter sul webmagazine MySocialRecipe, il più importante sito italiano dedicato alle ricette d’Autore, o nella stesura della tesi per l’esame di Chef professionista presso l’Accademia Italiana Chef o, per rimanere in casa, nella realizzazione della rubrica settimanale di ricette “Diversamente C.H.E.F.” su Luxury prêt-à-porter. E lo stesso vale per la stesura de “Il palato immaginario”, il mio primo libro di ricette la cui uscita è prevista per il prossimo autunno.
Recentemente hai avuto anche un importante riconoscimento legato al Maestro Massimo Bottura…
Si, ho partecipato al “Concorso Fotografico Nazionale di Cucina Gourmet dedicato al Maestro Massimo Bottura”, a cura dell’Accademia Italiana Chef Institute di Milano. Mi sono classificato al 1° posto con la mia “Trilogia ai ricci di mare”, un piatto realizzato con l’innovativa pasta 3D prodotta dalla BluRhapsody nel quale, oltre all’utilizzo di ingredienti di altissima qualità, ho curato in maniera particolare l’allestimento fotografico realizzato nell’atelier di Josè Citro, un reporter professionista che è riuscito ad esprimere alla perfezione quello che avevo in mente.
Per concludere, una domanda un po’ maliziosa: a quando la prima stella?
Per quanto riguarda la prima stella, quella alla quale probabilmente alludi nella tua domanda, penso senza alcun dubbio che nessun cuoco al mondo, raziocinante e sano di mente, sia in grado di dare una risposta. E chiunque lo facesse peccherebbe solo di arroganza e presunzione. Per quanto riguarda invece la “mia” prima stella, ti posso assicurare che l’ho già acquisita da tempo: è la luce della mia Mamma che brilla lassù dal Cielo e che negli ultimi tre anni, a piccoli passi, mi ha sempre guidato fin dove sono arrivato oggi.