La rivisitazione gourmet con tapenade, olive taggiasche e pomodorini secchi
La cucina regionale abruzzese annovera una grande varietà di piatti grazie alla ricchezza degli ingredienti offerti da una terra fertile e vigorosa la cui produzione agroalimentare (e vinicola) ha sempre avuto una forte spinta dalla posizione strategica del territorio. Una vasta area incuneata tra le coste dell’Adriatico e le pendici appenniniche dell’Italia centrale che culminano nelle vette del Gran Sasso e della Maiella; questa ubicazione ha sempre assicurato alla regione un’ampia e assortita conformazione orografica che, oltre a delineare le caratteristiche del clima, ha assicurato un’ampia gamma di ingredienti che nel corso degli anni hanno ottenuto importanti riconoscimenti di qualità. Oltre ad aver creato delle ricette particolarmente golose che, assai spesso sono entrate a far parte di quelle specialità apprezzate sia in ambito nazionale che a livello internazionale. Anche per quanto riguarda i primi piatti, come ad esempio i famosi spaghetti alla trappitara, un antico piatto della più genuina tradizione contadina che un tempo le popolazioni rurali consumavano all’interno dei frantoi che nel dialetto abruzzese venivano chiamati trappiti.
Nei casali di campagna tutto ruotava attorno all’area dove avveniva la trasformazione delle olive in olio extravergine e i trappitari manovravano sapientemente i grossi torchi di pietra che macinavano le olive appena raccolte per assaporare l’olio di prima spremitura disponibile solitamente verso metà novembre. Nella pausa pranzo le donne preparavano appunto gli spaghetti alla trappitara, un piatto veloce e gustoso condito semplicemente con acciughe, peperoni secchi, acciughe, aglio, prezzemolo e polvere di peperone dolce, oltre naturalmente ad una abbondante dose di olioevo nuovo; un’antica consuetudine che non si limitava soltanto a soddisfare le esigenze della propria schiera famigliare, ma rappresentava anche un segnale di forte convivialità nei confronti dei contadini provenienti dalle fattorie della zona (sprovviste di frantoi) che, in attesa del proprio turno per la macinatura, poteva gustare un ottimo piatto di pasta assieme alla famiglia del trappitaro.
Per la nostra ricetta abbiamo rivisitato i tradizionali spaghetti alla trappitara della tradizione abruzzese, a partire dal formato della pasta, o meglio dai formati poiché abbiamo utilizzati due tipi diversi che sottolineano ulteriormente l’importanza dell’olio nella preparazione. Il primo è rappresentato dalle “foglie di ulivo” un tipo di pasta corta che riproduce le foglie della pianta sia nella forma che nel colore (grazie all’aggiunta di basilico nell’impasto); per il secondo la scelta è caduta sulle ruote di carro la cui struttura richiama proprio gli antichi torchi dei frantoi abruzzesi. Per il condimento, oltre a quelli tradizionali della ricetta, abbiamo aggiunto la salsa tapenade (il tipico piatto provenzale a base di olive tritate, capperi e acciughe).