Nella tradizione gastronomica abruzzese il brodo di Natale occupa un ruolo di primissimo piano. E non solo perché veniva generalmente preparato e consumato nel periodo più suggestivo ed emotivamente coinvolgente dell’anno. Ma anche perché materializzava, nei sogni e nelle speranze di una generazione che si era appena lasciata alle spalle un conflitto mondiale, una piccola seppur breve rivincita verso la lotta per la sopravvivenza che le popolazioni contadine affrontavano ogni giorno.
Il brodo di Natale era inoltre considerato il piatto dell’abbondanza per antonomasia che, nonostante la semplicità di realizzazione, costituiva un forte elemento aggregante all’interno della case contadine. E la mattina del 25 dicembre, in un modo o nell’altro, tutti i componenti della famiglia venivano coinvolti nel magico rito della sua preparazione. Quest’ultima prevedeva due brodi di carne, uno a base di manzo e uno di pollo, la frittura di polpettine di maiale, un mix di verdure formato da sedano, carote e patate, oltre naturalmente all’immancabile cardo che costituiva l’ingrediente vegetale più caratterizzante della ricetta.
Quasi a fine cottura, dopo aver versato le polpettine nel brodo, si aggiungeva la pasta, le classiche “sagnette” tagliate a rombi, fatte di sola acqua e farina, e infine le uova per conferire al brodo l’effetto stracciatella. Questa ricetta vuole essere un piccolo gesto di amore e di riconoscenza verso la mia mamma, chiamata affettuosamente in famiglia Nonna Antonietta dopo la nascita di mio figlio.