Vudafieri – Saverino Partners firma il ristorante dall’atmosfera vibrante, multiculturale e colorata
Internazionalità, ricerca e convivialità a tavola: sono questi gli ingredienti di Spica, il nuovo ristorante inaugurato in via Melzo 9, nel cuore del quartiere milanese di Porta Venezia. Le due chef, l’indiana Ritu Dalmia – già a Milano con Cittamani, oltre che in India e UK con celebri ristoranti – e l’italiana Viviana Varese – stella Michelin con VIVA di Eataly -, condividono una passione per le cucine del Mondo.
E’ più facile essere fedeli a un ristorante che a una donna.
-Federico Fellini
Da qui nasce un locale che abbraccia la diversità, proponendo un percorso gastronomico attraverso quattro aree geografiche: sud est asiatico, sub continente indiano, Europa e America. Un viaggio che dalla cucina si riflette nel progetto di interior, firmato da Vudafieri-Saverino Partners, studio di architettura con sede a Milano e Shanghai, che vanta una forte esperienza nella creazione di nuovi concept per la ristorazione.
Gli architetti Tiziano Vudafieri e Claudio Saverino hanno disegnato uno spazio capace di sorprendere per l’inedito mix tra suggestioni delle culture asiatiche e omaggio ai maestri del design meneghino del XX secolo. Il risultato è un ristorante vivace, colorato e dall’atmosfera vibrante, che rispecchia il clima di Porta Venezia, frequentata da un pubblico giovane e dinamico.
Il concept
Spica traduce nel linguaggio dell’interior decoration la storia di Ritu Dalmia che, partendo dall’India, ha attraversato tutta l’Asia fino ad arrivare a Milano, arricchendosi della tradizione gastronomica, spiritualità e ospitalità dei diversi Paesi. All’interno del locale la cultura cosmopolita contemporanea si incontra con i segni e le influenze estetiche dei grandi Maestri del Design milanese.
Nei richiami alla tradizione meneghina, Vudafieri-Saverino Partners ha unito la libertà, il design radicale e la profonda passione per l’India di Ettore Sottsass, all’eleganza e al rigore del movimento moderno di Franco Albini. Due mondi distinti che dialogano in armonia nello spazio e che si riflettono rispettivamente nell’architettura degli interni e negli arredi. L’omaggio a Sottsass è subito evidente dallo stile libero e radicale dei portali che caratterizzano l’architettura del locale e scandiscono gli spazi.
In contrasto con la cornice neutra dei soffitti, questi elementi si caratterizzano per carte da parati con motivi colorati e inserti geometrici fluo. Una scelta che racconta la stratificazione di culture e la ricchezza di colori dei Paesi attraversati da Ritu Dalmia. L’arredo presenta evidenti richiami ai grandi maestri della Milano degli anni ’50/’60. In laminato noce, con struttura in ferro verniciato nero e dettagli in ottone, espongono suppellettili che evocano luoghi, ricordi, esperienze dei viaggi delle chef.
Gli ambienti
Spica mantiene segni evidenti del passato, come il pavimento di seminato e un muro riportato al suo aspetto naturale che rende evidenti le stratificazioni del tempo. La rilettura degli spazi ha inizio dalle sei vetrine affacciate sulla strada: completamente apribili conferiscono respiro e luminosità all’ambiente, creando continuità fra l’interno e l’esterno. Ad ognuna di esse corrisponde una tenda colorata, preludio dell’universo cromatico che caratterizza l’interno.
I clienti sono accolti all’ingresso da un imponente bancone di 8 metri che si ispira ai bar milanesi anni ’60 con il suo uno sfondo di vetro anticato, il piano in ottone polverizzato e la lunga bottigliera sospesa per la cocktail station.
L’adiacente zona lounge si compone di quattro tavoli rotondi, realizzati su disegno degli stessi architetti, che presentano la medesima finitura del bancone.
Le poltroncine, così come gli sgabelli del cocktail bar, sono state realizzate da un’azienda indiana e rappresentano un omaggio a Franco Albini, rievocando le forme della sua celebre sedia Luisa. La sala ristorante si caratterizza per una disposizione estremamente flessibile dei tavoli.
Le grandi lampade realizzate su disegno di Andrea Anatasio rievocano la forma di strumenti agricoli tipici indiani, mentre il mobile adibito a service station crea un suggestivo angolo con il pavimento in legno e le piante su ghiaia, dando la sensazione di trovarsi in un piccolo giardino.
Colonne e pareti sono arricchite dalle opere di Jaco Sieberhagenc: l’artista sudafricano ha realizzato una serie di sagome in metallo verniciato nero e tagliate a laser, che rappresentano con ironia i simboli della cultura italiana, dalla moda al design, dall’industria alla gastronomia. Anche il bagno si distingue per l’atmosfera fresca e colorata, con il lungo lavabo dalla vasca unica e scocca in laminato e gli iconici specchi Seletti.
La filosofia di cucina
Spica propone una cucina moderna, cosmopolita e giovane. Il menu si compone di quattro macro-aree geografiche: Sud-Est Asiatico, Sub-continente Indiano, Europa, Americhe. Le proposte gastronomiche spaziano così dai dim sum in pasta cristallo e bao dalla Cina a insalate thai, zuppe birmane e ramen in stile giapponese; dai samosa del Rajasthan alle gustose “cocas mallorquinas”, che introducono all’Europa; dalle tortillas, nachos e ceviche, che fanno fare un salto di migliaia di chilometri verso Messico e Perù, alle bbq ribs.