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Umbria: viaggio nella terra di vino e sapori tra tradizione e sguardo al futuro

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Bellezze naturali e vini pregiati, per staccare la spina ma non il cervello

La memoria torna a qualche anno fa quando, per fuggire da un’insopportabile calura estiva, decidemmo con la mia famiglia di rifugiarci in un ambiente più fresco. La decisione cadde su una regione fino ad allora a noi sconosciuta, l’Umbria, che si rivelò presto una terra sincera, genuina, ricca di verde e di cultura, la nostra India come qualcuno tra il serio e il faceto l’ha definita, mettendo in risalto la forte componente spirituale e religiosa, forse con l’unico difetto di patire il cono d’ombra della più nota Toscana.

E’ stato un piacere, quindi scoprire che a distanza di anni la Regione di San Francesco ha mantenuto intatte le sue qualità e sembra anzi che abbia acuito la sua personalità: bellezze naturali, ghiotti giacimenti enogastronomici, profondi stimoli intellettuali, L’Umbria sembra la meta ideale per chi voglia staccare la spina, ma non il cervello.

Il nostro viaggio parte da Torgiano, ospiti della famiglia Lungarotti all’agriturismo Poggio alle Vigne con una magnifica vista sulle campagne che da Torgiano vanno verso Brufa. Durante un succulento pranzo all’Osteria del Museo nel cuore del grazioso paese umbro incontriamo Chiara, figlia del fondatore Giorgio Lungarotti; la competenza e la passione sono palpabili, con dovizia di particolari ci introduce in quelli che sono i prodotti di punta di questa azienda che ha 250 ettari vitati, 2 cantine, 28 etichette e 2,5 milioni di bottiglie prodotte: il Rubesco e il Torre di Giano; di particolare raffinatezza il San Giorgio la cui etichetta, che porta la firma di Giorgio Lungarotti, raffigura San Giorgio e il drago dal bozzetto di Raffaello Sanzio.

Il vino e l’olio vengono concepiti dalla famiglia Lungarotti anche come elementi culturali della nostra millenaria civiltà, è nato per questo motivo il MOO-Museo dell’Olivo e dell’Olio (2000). Prodotti cardine della cultura mediterranea, l’olivo e l’olio sono oggetto di un insolito percorso museale che ne esplora gli usi, spesso sconosciuti, e le valenze simboliche e propiziatorie che li accompagnano nell’immaginario popolare: l’origine mitologica della pianta, l’olio nella religione e nella medicina.

Bellezze naturali, ghiotti giacimenti enogastronomici, profondi stimoli intellettuali, l’Umbria sembra la meta ideale per chi voglia staccare la spina, ma non il cervello.

La serata invece si passa tra la cordialità e la simpatia della famiglia Blasi a Umbertide. Dopo una visita alla cantina settecentesca della loro tenuta con dotta spiegazione delle varie vinificazioni, da non perdere il percorso degustativo che prevede i migliori prodotti locali, tra cui formaggi e salumi della zona e l’imperdibile porchetta, orgoglio della produzione umbra, che qui raggiunge il suo vertice di sapore, ricavata da maiali attentamente allevati dalla famiglia Blasi.

La mattina seguente abbiamo l’opportunità di ammirare la bellezza del paesaggio umbro da una posizione privilegiata, siamo a Montefalco comune che viene definito “la ringhiera dell’Umbria” perchè permette di godere di una vista a 360° che spazia dall’intera vallata tra Perugia e Spoleto, dai versanti del Subappennino a quelli dei Monti Martani.

Oltre alle bellezze paesaggistiche il paese non manca di qualità artistiche. Nel complesso museale di San Francesco si può ammirare l’importante ciclo di affreschi di Benozzo Gozzoli raffiguranti le Storie della vita di San Francesco, il sito contiene inoltre una Natività del Perugino e custodisce nella cripta un “Lapidario” con sculture e reperti archeologici romani e medievali.

Lasciamo la tradizione artistica umbra per immergerci nella leggenda locale scoprendo che il vino, tra le tante sue qualità ne ha una molto particolare. Secondo un’antico racconto infatti, nei terreni della Cantina Scacciadiavoli operava un esorcista che aveva escogitato un metodo inusuale per allontanare il maligno: la vicenda narra di una giovane posseduta, alla quale era stato fatto bere del vino locale, riuscendo in questo modo a scacciare il Diavolo. Risalente nel tempo è anche la storia della cantina: attraverso una vicenda professionale centenaria vengono raccontate generazioni di vignaioli e di come sia ancora possibile tramandare l’amore per la terra e per il territorio. Montefalco e il vitigno Sagrantino sono oramai parte del DNA della cantina Scacciadiavoli e della famiglia Pambuffetti, un connubio iniziato con il sogno di Amilcare e che ora continua con la quarta generazione della famiglia. Ideata e fondata dal Principe Ugo Boncompagni Ludovisi (in effigie nei pali azzurri che circondano la cantina si possono ancora notare le iniziali dell’aristocratico) come “stabilimento” del vino nel 1884, la Cantina Scacciadiavoli era, già allora, un complesso enologico imponente e molto moderno. Nel 1954 Amilcare Pambuffetti, all’età di 71 anni, acquisì la tenuta di Scacciadiavoli, la stessa tenuta dove da ragazzo, intorno ai 14 anni, aveva lavorato come garzone. Alla sua morte nel 1977, i figli Alfio, Settimio e Mario portarono avanti l’attività del padre. Nel 2000 i fratelli Pambuffetti (Francesco, Carlo, e Amilcare), figli di Settimio, come vuole l’antica tradizione, presero in mano la cantina più antica del territorio. Ad oggi la cantina vanta 130 ettari di superficie, di cui 40 impiantati a vigneto, con una produzione di circa 250.000 bottiglie.

Cantina Scacciadiavoli

Torreggia da una collina sul territorio circostante, Todi la cui area è costituita da un sistema di dolci colline in gran parte ricoperte di boschi. Le coltivazioni alternano vigneti, oliveti e seminativi con un gran numero di edifici in pietra che testimoniano la centenaria tradizione agricola di queste terre. Tra la quiete dei paesaggi, le colline e le verdi vallate che rendono unica questa terra ricca di arte e storia, che risveglia in noi vaghe reminescenze scolastiche, non ci perdiamo quindi una visita alla tomba di Jacopone da Todi, voce potente, una delle più importanti, della poesie medioevale.

Pranziamo a pochi minuti dalla città del Beato in un posto circondato dalla natura incontaminata delle colline umbre, immerso tra vigne e oliveti. La Residenza Roccafiore rappresenta il luogo ideale per chi voglia trascorrere un soggiorno all’insegna del relax e della riscoperta della tradizione: Roccafiore, azienda fatta di persone, come qui tengono a precisare, è un eccellente esempio di ospitalità di charme, un luogo in cui il soggiorno diventa per l’enoturista un’esperienza all’insegna del relax e dell’immersione nel verde. Lo Spa Resort adiacente alla cantina, con annessi ristorante e centro benessere che offre la possibilità di trattamenti per il corpo e per il viso a base di vinacce e olio d’oliva provenienti dall’azienda agricola, permette di godere di un’esperienza unica essendo interamente circondato da vigneti ed oliveti.

La filosofia di produzione è orientata alla ricerca dell’autentica qualità, dalla vigna alla cantina. L’utilizzo di tecnologie avanzate permette un monitoraggio continuo dell’intero sistema produttivo, con l’intento di innalzare anno dopo anno la qualità dei vini Roccafiore. Sole, pioggia e vento sono in perfetto equilibrio, presente e passato dialogano tra loro, l’antico legame con le tradizioni si fonde con l’innovazione tecnologica e stilistica. Per questo i vini dell’azienda agricola Roccafiore, che produce anche un olio extravergine d’oliva di altissima qualità, non sono una semplice proposta enologica, ma qualcosa di più: sinergia tra terreno, microclima e vitigni, interpretazione vitale della campagna e riscoperta di pratiche tradizionali. 

Cultura, piacevole conversazione e uso di mondo, le caratteristiche dell’aristocrazia europea le ritroviamo concentrate nel Marchese Incisa della Rocchetta, nipote dell’ideatore del celebre ed eccellente Sassicaia, con il suo eloquio fluido con cui snocciola aneddoti riguardanti le sue mille esperienze in giro per il mondo ci parla della sua azienda: la Tenuta di Salviano a Civitella del Lago prospiciente il lago di Corbara. Qui avrete l’opportunità di visitare le antiche cantine e partecipare ad un’esclusiva degustazione. Proverete le più recenti produzioni, lo spumante Metodo Classico Brut;  l’Orvieto Classico Superiore, il bianco tradizionale; Salviano di Salviano, un bianco sperimentale che esprime la potenzialità di uve internazionali; il Pinot Nero Rosé, prodotto a partire dal 2016 come fondamentale aggiunta alla gamma di vini; il Turlò, un tradizionale rosso per tutti i pasti; Il Solideo, un vino rosso più ricco dal tocco internazionale; e per finire il vino dolce la Muffa Nobile Orvieto Classico Superiore.

Si cena alla cantina Palazzone, dove il titolare Giovanni Dubini ci illustra le qualità dei vini prodotti. A noi colpisce il Musco nel quale ravvisiamo un gusto molto particolare, il proprietario ci spiegherà poi il perchè: da una piccolissima vigna impiantata in modo promiscuo con uve Procanico, Verdello e Malvasia mescolate nei filari come da usanza tradizionale della zona, prodotto con utensili e attrezzature antiche in una grotta di tufo scavata sotto un bosco di castagni, senza utilizzo di energia elettrica, matura in botti di castagno e affina prima in damigiana e poi in bottiglia per diversi mesi. Anche l’imbottigliamento avviene manualmente. Un vino ottenuto per desiderio di chi con consapevolezza, sapere ed utensili antichi vuole mantenere vivo il ricordo di una storia senza tempo. Giovanni Dubini ci parla con orgoglio dell’impegnativa ristrutturazione di cui è stata oggetto la sua azienda, impegno che poi è stato ripagato dal successo che miete questa struttura: una clientela selezionata e internazionale gusta nella Locanda delle ricette ricercate, tra le tante prelibatezze rimarrà nella nostra memoria il capuccino di baccalà e l’ottima cheescake di gorgonzola, un vero equilibrio perfetto tra il dolce e il gusto forte del formaggio lombardo, un bilanciamento tra la tradizione e gli slanci internazionali.

Terminiamo questo viaggio con un sorriso, è quello di Nonna Marcella che ci accoglie insieme alle nipoti alle Cantine Goretti. Sorta a Pila nel cuore dell’Umbria, a pochi chilometri da Perugia, tra colline sempre vocate alla viticoltura, l’azienda agricola Goretti è l’esempio di come tradizione e innovazione possano convivere nel rispetto della natura e nell’amore per la terra. L’energica e bella signora vi guiderà in un’esperienza gustativa che a noi personalmente ha divertito molto e che fa letteralmente impazzire i turisti stranieri. Qui potrete preparare e cucinare voi stessi i piatti tipici del luogo come tagliatelle e torta al testo, per poi mangiarli comodamente seduti al tavolo mentre degustate i vini prodotti dall’azienda. Tra quelli più rappresentativi una menzione particolare merita “L’Arringatore”, dal nome della statua ritrovata nella proprietà dell’azienda e che, stilisticamente, incarna la fine dell’arte etrusca e il suo trapasso in quella romana. Come molti altri vini aziendali appartiene alla Doc Colli Perugini, una denominazione cui la famiglia Goretti tiene molto, essendo tra le maggiori artefici del suo decollo sia nel panorama nazionale che internazionale. Un gusto pieno di buona struttura con tannini morbidi ben integrati. Aromatico, con note eleganti e raffinate. Sentori di frutta rossa matura con note speziate di cuoio, tabacco e liquirizia.

Se il viaggio non consiste nel raggiungere una meta, ma nell’assorbire un’esperienza, da questo giro per l’Umbria, da qualche tempo anche più facile da raggiungere da Milano (e non solo) in Frecciarossa e aereo da Linate, abbiamo potuto osservare una terra rigogliosa di prodotti e di idee, abbiamo conosciuto uomini e donne che, tra mille sacrifici, hanno portato avanti saperi antichi e giovani che sono rimasti o tornati qui, dove sono nati, a innestare nella tradizione un’innovazione tecnologica necessaria per competere con i nuovi mercati. L’Umbria si presenta come un simbolo della provincia italiana, viva pulsante e proiettata al futuro. 

Ruggero Biamonti

       

Tenuta di Salviano

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